Leggere il libro di Tom Bissell Extra lives: Why Video Games Matter, tradotto in Italia con il titolo Voglia di vincere, è stata un’impresa. L’impresa di qualcuno abituato a muoversi in ambito cinematografico e musicale, ma che affronta con l’entusiasmo e le incertezze del neofita i videogames e tutto ciò che riguarda la sfera videoludica, nei suoi aspetti creativi, estetici, di design e meccanica di gioco. Un’impresa senza dubbio stimolante, che si è rivelata sorprendentemente interessante per gli spunti di riflessione tutt’altro che banali che l’autore regala, attraverso una narrazione appassionata, ironica e pungente, ma soprattutto dettagliata, seguendo la logica dell’analisi personale nei confronti di un’esperienza che si rileva essere solamente in parte collettiva, di massa. Perché questo è il vero fulcro del discorso: il videogame, forma d’intrattenimento diffusa a livello mondiale in forma capillare, è innanzitutto un’esperienza individuale, vissuta di volta in volta in maniera unica e peculiare.
Per Bissell, i videogames sono stati, man mano, passatempo, oggetto inconsapevole (almeno inizialmente) di studio e surrogato virtuale di quotidianità per ben tre anni – trascorsi accumulando un numero spropositato di ore al giorno o persino più giorni consecutivi davanti allo schermo. Nel caso dell’autore ci troviamo di fronte a una passione reale, incontrollabile e viscerale: un aspetto che traspare sin dalla prefazione del testo. Qual è la spinta effettiva che lo ha portato a scrivere un libro sull’importanza del mezzo videoludico, inteso sia come media socio-culturale, sia come forma d’arte contemporanea? La risposta in realtà non è così immediata, e la spiegazione delle motivazioni di questa scelta si protrae fino all’ultima pagina dell’appendice finale: rimangono ancora, dopo decenni di evoluzione, molti interrogativi irrisolti su che cosa sia effettivamente e su cosa ambisca ad essere la forma videoludica, sulle sue possibilità espressive e su come essa abbia plasmato alcune dinamiche fondamentali dell’intrattenimento popolare, cambiando irreversibilmente le aspettative di un pubblico di fruitori ed appassionati sempre più vasto ed eterogeneo. Bissell motiva la sua indagine, sottolineando ciò che non voleva ottenere dalla stesura di Voglia di vincere:
Non ho scritto questo libro per analizzare le fortune del settore (un argomento del quale non potrebbe importarmi di meno) o per fare una cronaca della nascita e dell’evoluzione dei videogiochi, e la mia conoscenza degli aspetti più tecnici del game design è pressoché inesistente. Ho scritto questo libro in quanto scrittore che è anche appassionato di videogiochi, e in queste pagine troverete le mie personali opinioni e pensieri su cosa i videogiochi significano per me, sul perché ci gioco e sulle domande che mi pongo quando lo faccio 1.
Un po’ nerd, un po’ Drugo (come il Lebowski dei fratelli Cohen, abuso periodico di stupefacenti compreso), un po’ sociologo e massmediologo, lo scrittore si muove con abilità ed humour nel terreno accidentato dei paradigmi formali ed estetici che regolano i diversi generi di giochi, escludendone a priori una tipologia – i prodotti per PC, una questione di pura ed arbitraria preferenza – e concentrandosi su alcuni tra i migliori games per console dell’ultimo ventennio, gran parte dei quali “narrativi” o basati comunque su una storia, e a budget considerevolmente elevato, caratteristica che garantisce nella maggior parte dei casi una resa impressionante a livello estetico/grafico. L’uso dei superlativi non è casuale, in riferimento a questo medium in costante rinnovamento, il quale indiscutibilmente e in modo del tutto efficace fa leva sulla percezione del reale da parte dei propri utenti, tramite un’inesorabile e sotterranea manipolazione della sfera emotiva, per proporsi come “modello alternativo” di vita.
L’autore propone, con imparzialità, l’analisi di pregi e difetti di opere come Resident Evil, Fallout 3, BioShock, Grand Theft Auto IV, Call of Duty o Braid, soffermandosi in particolare sull’ambivalenza che contraddistingue molte di esse, dotate magari di qualità artistica, ma carenti di etica o morale ed esponendo legittime motivazioni su come sia ragionevolmente difficile considerare una serie di prodotti, creati con il dichiarato intento di raggiungere un ampio profitto economico, culturalmente parificabili ad opere provenienti media di comunicazione tradizionali. Bissel precisa – confrontandolo con forme consolidate come cinema e letteratura, comparandone le metodologie di linguaggio, descrizione e narrazione, ed avvalendosi anche di contributi autorevoli di esperti del settore (game designer, critici e storici) – quanto il videogame sia considerato su larga scala la prima “forma d’arte” interattiva ed innegabilmente il medium dominante dei nostri tempi, e quanto esso sia legato fortemente al progresso tecnologico e dotato di un’immersività ed attrazione nei confronti dei fruitori che altri media non hanno. Tali caratteristiche donano al videogioco un potenziale enorme, con tutti i vantaggi ed i rischi che tale responsabilità comporta.
Al lettore, sia esso profano, esperto, adepto, o semplicemente curioso, rimane il compito di lasciarsi condurre per mano in questo “viaggio di riflessione” dalla prospettiva inedita, arguta e avvincente, scegliendo solo alla fine se dare ragione o torto alle teorie di un gamer adorabile sebbene frustrato.
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- Bissell, T. (2010). Extra Lives: Why Video Games Matter. New York, NY: Random House; edizione italiana: traduzione di S. Formiconi (2012). Voglia di vincere: perché i videogiochi sono importanti. Milano: Isbn, p.13 ▲
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