L’uscita di Ralph Spaccatutto 1, lungometraggio d’animazione prodotto dalla Disney, induce senza dubbio a ragionare sul delicato e controverso rapporto riscontrabile tra la forma espressiva del cinema e quella del videogioco. A grandi linee nella presente sede esamineremo in particolare la configurazione assunta da tale rapporto a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta. Allo scopo di approfondire l’analisi, fondandola su basi scientifiche, utilizzeremo la complessa nozione di repertorio culturale, la quale riprende con chiarezza i seminali concetti di convergenza culturale e di ri-mediazione elaborati da Henry Jenkins, Jay David Bolter e Richard Grusin 2.
Prima di affrontare gli argomenti sopra indicati conviene a nostro avviso fornire qualche informazione preliminare riguardante Ralph Spaccatutto, a iniziare dalla sintetica sinossi del film. Ralph è uno dei personaggi del videogioco arcade intitolato Felix Aggiustatutto. Il suo compito consiste nel demolire a pugni gli edifici che il protagonista eponimo Felix ripara successivamente tramite un martello magico. In crisi di identità, Ralph abbandona il gioco con l’obiettivo di guadagnare la stima e il rispetto degli altri personaggi. Intraprende così un viaggio piuttosto avventuroso durante il quale fa la conoscenza dell’inflessibile Sergente Tamora Jean Calhoun, stringe amicizia con Vanellope von Schweetz, una giovane pilota di kart osteggiata dal perfido Re Candito, e addirittura salva dalla distruzione l’intero mondo dei videogiochi.
La regia viene affidata a Rich Moore, coinvolto in precedenza nella realizzazione delle produzioni animate televisive The Simpson 3 e Futurama 4. Al pari degli sceneggiatori Jennifer Lee e Phil Johnston Moore contribuisce a istituire in Ralph Spaccatutto un universo dichiaratamente citazionistico il cui orizzonte di riferimento corrisponde soprattutto al videogioco della cosiddetta epoca d’oro, gli anni Ottanta e Novanta. La semplicità dello stile di disegno, la forse fin troppo esibita bidimensionalità delle immagini, la caratterizzazione grafica dei protagonisti e il genere d’appartenenza di Felix Aggiustatutto rinviano per esempio a Donkey Kong 5, celebre platform game firmato da Shigeru Miyamoto, l’ideatore della serie Super Mario.
I rimandi a numerose opere videoludiche importanti sembrano altrettanto evidenti. Tra le opere in questione, di tipo seriale, segnaliamo gli sparatutto in prima persona Call of Duty 6 e Halo: Combat Evolved 7, i picchiaduro a incontri Mortal Kombat 8 e Street Fighter II 9 nonché il fantascientifico Metroid 10. In Ralph Spaccatutto appaiono o vengono menzionati, inoltre, i protagonisti di videogames molto noti: il riccio antropomorfo Sonic, la sensuale archeologa Lara Croft, perfino i fantasmi di Pac-Man 11. Il modello di Felix è poi costituito dall’idraulico Mario, inventato da Miyamoto e comparso per la prima volta proprio in Donkey Kong. Le osservazioni finora fatte paiono confermare l’adeguatezza dell’approccio metodologico adottato.
La teoria del repertorio culturale, di ordine evoluzionistico, viene introdotta nell’ambito degli studi sull’arte visiva qualche anno addietro 12 e conduce a maturazione in maniera con ogni probabilità involontaria le idee concepite da Sergej Michajlovic Ejzenstejn 13. Essa postula in buona sostanza che nel Novecento il cinema funga da enorme serbatoio dal quale le arti tradizionali prelevano figure, immagini o simboli. Il piano principale sul quale il discorso si colloca non risulta tuttavia quello tecnologico bensì quello antropologico e sociologico. L’avvicendamento dei mezzi di comunicazione è in pratica il logico risultato del radicamento (nel pensiero perlomeno occidentale) di icone o simboli visivi dovuto all’ampio consenso registrato dalle opere filmiche.
A cavallo degli anni Ottanta e Novanta il videogioco prende il sopravvento sul cinema e ne diventa il repertorio culturale in virtù del maggiore successo riscosso. Ralph Spaccatutto testimonia in modo inequivocabile a favore della veridicità di un simile assunto, sul quale riflette con acume seppure inconsapevolmente. A cominciare dagli anni Ottanta il gioco elettronico, la cui diffusione diviene capillare, possiede una superiore capacità di condizionare l’immaginario degli individui, innanzitutto degli adolescenti, e esercita di conseguenza sul cinema un notevole influsso, tanto a livello formale quanto contenutistico. Questa è l’origine a cui sono riconducibili lungometraggi incentrati sulla rappresentazione dell’ambiente di gioco, cioè il digitale inteso come realtà virtuale, dell’ideale fruitore oppure della tipica articolazione strutturale dei testi videoludici. Noi alludiamo a Tron 14, a Il piccolo grande mago dei videogames 15, a Il tagliaerbe 16, a The Matrix 17, a eXistenZ 18, a Avalon 19 e così via.
In modo spesso superficiale o meglio a-critico gli adattamenti cinematografici degli anni Novanta (e quelli odierni) propongono invece gli universi di finzione mutuati dai giochi elettronici più conosciuti, nel goffo tentativo di ampliare il pubblico potenziale. Bisogna ricordare almeno il capostipite Super Mario Bros.[endnoteR. Morton e A. Jankel, USA/UK, 1993.], l’ambizioso Final Fantasy: The Spirits Within 20, Resident Evil 21, Max Payne 22 e il recente Tekken 23. Anche le trasposizioni su grande schermo avvalorano tuttavia la tesi qui avanzata. Ralph Spaccatutto va a nostro avviso ritenuto l’emblema del fatto che negli ultimi venti anni il videogioco equivalga per registi o sceneggiatori alla fonte pressoché inesauribile dalla quale attingere figure, motivi iconici e addirittura estetiche. Gli autori di Ralph Spaccatutto, e nella categoria comprendiamo anche John Lasseter, si soffermano sul ruolo fondamentale ricoperto dai giochi elettronico-digitali nell’attuale processo di definizione dell’immaginario collettivo. Il processo investe primariamente i bambini e i ragazzi.
L’attenzione di Moore e dei suoi collaboratori non viene focalizzata sul linguaggio videoludico. L’uso della tecnica 3D sottolinea comunque una delle dimensioni peculiari di tale linguaggio. Ralph Spaccatutto viene distribuito nelle sale anche nella versione a disegni animati bidimensionali e la tecnica della grafica computerizzata viene impiegata ovviamente per ragioni commerciali. Nonostante ciò il disegno animato tridimensionale lascia emergere uno specifico carattere del videogame, quello immersivo. L’omologia di statuto è riscontrabile sia sotto il profilo del supporto tecnologico (informatico e non chimico-meccanico) che sotto il profilo estetico. Essa rende manifesta l’intenzione di catapultare lo spettatore nel cuore dell’azione.
Da Ralph Spaccatutto proviene l’invito a partecipare in maniera attiva allo svolgimento di un racconto peraltro articolato attraverso molteplici piattaforme mediali. Il film impedisce una interazione concreta, ci teniamo a puntualizzarlo. La partecipazione viene comunque sollecitata mediante vari stimoli di natura percettiva. Soltanto in seguito si ricorre ai consueti espedienti narrativi quali ostacoli da superare con frequenza e scioglimento catartico dell’intreccio. L’esperienza procurata dalla visione di Ralph Spaccatutto sembra coincidere in minima parte con l’interpretazione (al contempo affettiva e cognitiva) dei dati ricevuti. L’identificazione con il simpatico Ralph e gli avvenimenti descritti hanno meno rilievo del contesto spazio-temporale in cui sono inseriti. L’efficace strumento costituito dal 3D consente agli autori di illustrare autentici mondi alternativi, rispetto a quello fenomenico reale, che è possibile percorrere o per l’esattezza esperire tramite i sensi. Ralph Spaccatutto cerca insomma di calare anzi di immergere nella diegesi lo spettatore agendo sui sensi e in seconda battuta sulle emozioni.
Il videogioco soppianta dunque il cinema perché si mostra più diretto, immediato e soprattutto in grado di accogliere delle istanze avvertite come impellenti, sotto l’aspetto psicologico e oseremmo dire antropologico. La cosa viene oggi esplicitata e evidenziata dal fenomeno, alquanto significativo, della gamification. Le istanze, le richieste di cambiamento a cui sopra accenniamo provengono in prevalenza dai ragazzi. Esse vengono a onor del vero formulate anche dagli adulti e risiedono di fatto nel mutamento di paradigma concettuale avvenuto nella società occidentale contemporanea. Moore e Lasseter sembrano trasformarle con abilità in un tema da sviluppare. Il pubblico al quale Ralph Spaccatutto è rivolto non appare d’età infantile ma composto, al contrario, da individui cresciuti tra gli anni Ottanta e Novanta consumando avidamente i videogiochi. Un palpabile sentimento di nostalgia pare trasparire quasi da ogni sequenza. Ralph Spaccatutto desidera celebrare la sala giochi, un luogo d’incontro e aggregazione alla cui base sono per l’appunto situate le pratiche ludiche. Noi constatiamo senza sorpresa che l’immedesimazione nei fruitori degli storici arcade game citati da Moore (ovvero gli ideali spettatori del film) risulti semplice quanto quella in Ralph, nel Sergente Calhoun o in Vanellope. Ralph Spaccatutto tributa un omaggio caloroso, sincero al luogo nel quale viene costruita tra gli anni Ottanta e Novanta l’identità culturale delle giovani generazioni.
-Tutte le immagini appartengono ai rispettivi proprietari e sono usate ai soli fini accademici. –
- USA, 2012. ▲
- Cfr. Jenkins, H. (2006). Convergence Culture: Where Old and New Media Collide. New York University Press; Bolter, J. D. & Grusin, R. (1999). Remediation: Understanding New Media. Cambridge, MA: MIT Press. ▲
- Matt Groening. (1989-). ▲
- Matt Groening. (1999-). ▲
- Nintendo, Giappone, 1981. ▲
- Infinity Ward, USA, 2003. ▲
- Bungie, USA, 2001. ▲
- Midway, USA, 1992. ▲
- Capcom, Giappone, 1991. ▲
- Nintendo, Giappone, 1986. ▲
- Namco, Giappone, 1980. ▲
- Cfr. Senaldi, M. (2008). Doppio sguardo:cinema e arte contemporanea. Milano: Bompiani. ▲
- Cfr. in proposito quanto riportato nell’ormai classico Costa, A. (2002). Il cinema e le arti visive. Torino: Einaudi. ▲
- S. Lisberger, USA, 1982. ▲
- The Wizard, Todd Holland, USA, 1989. ▲
- The Lawnmower Man, Brett Leonard, USA, 1992. ▲
- A. Wachowski e L. Wachowski, USA/Australia, 1999. ▲
- D. Cronenberg, UK/Canada, 1999. ▲
- M. Oshii, Giappone, 2001. ▲
- H. Sakaguchi e M. Sakakibara, Giappone/USA, 2001. ▲
- P. W. S. Anderson, UK/Germania/Canada, 2002. ▲
- J. Moore, USA, 2008. ▲
- D. H. Little, Giappone, 2009. ▲
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