Il nuovo numero di G|A|M|E propone un riesame del concetto di agency nel gioco. Accogliamo contributi che affrontino il tema dell’agency da diverse prospettive disciplinari e che riflettano sulla storia e sulle applicazioni interdisciplinari di questo concetto per espanderne la comprensione critica. Invitiamo dunque studiosi di ogni settore a riflettere sulle molteplici nozioni di agency, non solo nel gioco, quello tradizionale e quello digitale, ma anche in relazione ad altri media e forme espressive che ne approfondiscano la sua comprensione a cavallo tra game studies e altri settori scientifici.
Durante il finale dello sparatutto Bioshock (2K Games, 2007), il dialogo tra il protagonista Jack e il despota di Rapture, Andrew Ryan, rende manifesta la critica del gioco alla retorica di libertà e scelta. L’apparentemente innocente richiesta anticipata dalla locuzione “per cortesia”, nasconde un condizionamento cognitivo che adombra le azioni del protagonista sino a quel punto. Il gioco decostruisce l’illusione del libero arbitrio non solo dalla prospettiva del protagonista, ma anche in relazione al giocatore, rompendo la quarta parete e interrogando l’utente con la domanda: chi è in controllo? Il concetto di agency, già centrale nei campi dalla Human-Computer Interaction e del design (Sherry Turkle, 1984; Brenda Laurel, 1991), viene ridefinito più di vent’anni fa da Janet Murray nel volume Hamlet on the Holodeck (1996, p. 123) come ‘il potere appagante di compiere azioni significative e osservare il risultato delle nostre scelte e decisioni’. Il concetto di agency è, ancora oggi, fondamentale nei dibattiti su video gioco e design: qui utilizzato come categoria ontologica che delinea la molteplicità di percorsi e la varietà di scelte rese disponibili dai testi interattivi; in alternativa, più vicino alla categorizzazione di Murray, adottato come categoria fondamentale dell’estetica videoludica, in quanto effetto testuale che descrive il piacere di prendere decisioni e osservarne l’impatto all’interno di ambienti virtuali.
Da una parte, il concetto di agency influenza la comprensione di testi, teorie e tecnologie. Il concetto di agency è qui individuato in relazione a vecchi e nuovi generi testuali (i giochi d’avventura con strutture narrative ramificate, film interattivi, simulazioni, sandbox e giochi di esplorazione); caratterizza le affordance ascritte a tecnologie quali VR/AR e alle realtà miste (Oculus, PlayStationVR, HoloLens ecc.); è concettualizzato in relazione a diverse forme mediali ed espressive (nel design interattivo, nel cinema sperimentale, la televisione on-demand, il teatro modernista; installazioni); è integrale alle pratiche e ai prodotti delle sub-culture (machinima, fan-fiction).
D’altra parte, l’agency è fondamentale nell’elaborazione di categorie concettuali relative ai media digitali interattivi. L’agency costituisce il fulcro di tensioni estetiche, sociali e politiche (di genere, etniche, di classe), attraverso le quali la sovranità sull’oggetto interattivo è contestata da diversi fronti. Gli artefatti digitali sono immersi in un panorama intra- e trans-mediale, nel quale le interfacce interrogano la relazione tra artefatto, sviluppatore e utente, erodendo i confini tra autore e pubblico. Il concetto di agency si rivela dunque cruciale nell’analisi di categorie discorsive che mettono in quesitone il ruolo dello spettatore/lettore/giocatore in relazione ai media e i loro creatori (arte, autorialità, fandom, prosumer culture).
Il nuovo numero di G|A|M|E intende dunque esplorare l’agency offerta da giochi, software e interfacce e, al contempo, l’agency conquistata da giocatori, utenti e spettatori. Eccedendo la lettura estetica di questo termine adottata originariamente da Murray, intendiamo espandere l’esame dell’agency all’interno e al di fuori dei game studies. Il concetto di agency è infatti presente in filosofia, utilizzato per analizzare la relazione fra intenzione e causalità nel rapporto tra azione e agente (e.g. Anscombe, 1957; Davidson, 1963); e ancora nelle scienze sociali, che individuano ne individuano la funzione all’interno di reti materiali e immateriali tra agenti umani e non-umani (Latour, 2005). Alla luce della vasta storia e adozione interdisciplinare di questo concetto, accogliamo contributi che sviluppino e rinnovino la comprensione dell’agency nel gioco e nel video gioco, e che al contempo utilizzino la nozione ludica di agency per affrontare questioni politiche, filosofiche e culturali, portando avanti dibattiti sullo studio del gioco e in altre discipline.
Eventuali temi possono includere:
- agency negli studi sul gioco
- agency e tecnologie di gioco (VR, AR, realtà mista)
- agency e interattività
- agency nella critica videoludica
- l’analisi testuale di giochi in relazione all’agency
- ricezione e agency: modding, fan-fiction
- agency nei giochi tradizionali: giochi da tavolo, sport ecc.
- agency videoludica e questioni autoriali
- agency come concetto interdisciplinare, dal gioco alle: arti, scienze sociali, giurisprudenza, filosofia
- film sperimentale, cinema, arte, architetture, design
- agency e testualità non-lineare
- agency nel videogioco e nelle politiche (classe, sessualità, genere, etnia e geopolitiche)
- agency nelle ecologie mediali
Invitiamo l’invio di abstract estesi (tra 500-1,000 parole, esclusi riferimenti bibliografici) o in alternative saggi completi, entro venerdì 19 luglio, 2019, all’indirizzo editors@gamejournal.it
Curatori: Ivan Girina (Brunel University London), Berenike Jung (University of Tübingen)
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