Il testo di Fabio Viola ha un’impostazione decisamente divulgativa, con intenti definitori e riassuntivi, uno stile molto più prossimo al giornalistico che all’accademico e frequenti incursioni nella dimensione quantitativa. L’esordio è dedicato alla descrizione di “cosa sia” un videogioco, e chi lo usi, supponendo un lettore del tutto digiuno del contesto di cui si discetta. Il testo si sofferma, inoltre, sulle evoluzioni/modificazioni del mercato con l’avvento di alcune pratiche recenti in campo digitale.In questo senso Viola descrive il mercato videoludico contemporaneo attraverso il declino del PC gaming e della distribuzione fisica, illustrando la sfiducia dei publisher per la storica piattaforma (nonostante il costante raggiungimento del break even da parte delle produzioni PC) e l’affermarsi della distribuzione connected
Viola individua una serie di motivazioni per le difficoltà del personal computer, fra di esse le strategie della stessa Microsoft, che acquistate Bungie e Lionhead, ne sposta il loro centro di interessi sul mondo console, mentre chiude storici sviluppatori di giochi per PC come Ensembled e Aces. Viola sottolinea poi la più semplice “vendibilità” dei titoli per console, i quali non necessitano di spiegazioni ed avvertenze sui requisiti di sistema da parte dei venditori. Il passaggio alle grandi catene di distribuzione per la vendita al dettaglio, terminata la fase dei venditori-appassionati, rende meno disponibili i commessi ad una presa in carico delle esigenze conoscitive dei clienti. Infine Viola richiama l’affermarsi del digital delivery anche su console come responsabile del rischio di “morte” dei negozi per la vendita “fisica” dei supporti. L’autore offre, in seguito, una serie di tabelle e di statistiche che permettono di valutare la dimensione del mercato videoludico odierno. La sua premonizione è che il mercato tradizionale per gli hardcore gamer, in virtù di vari fattori, il prezzo in primis, verrà scalzato da quello casual. Alcuni dei fattori predisponenti sarebbero la massificazione mimetica, ovvero l’affermarsi di giochi ad interfaccia mimetica (Wii, Kinect ecc.) e la massificazione distributiva, ossia la disponibilità dei videogame anche in strutture commerciali non specifiche come i centri commerciali e gli ipermercati.Interessante, giacché si sofferma su un campo di studi poco indagato, è la storia del mobile, sviluppata da Viola con particolare attenzione a quello strumento, per l’epoca avveniristico, che è stato l’ N-GAGE di Nokia ed un intero capitolo dedicato allo smartphone gaming.Altrettanto originale può apparire il capitolo dedicato al social gaming e quello che si occupa della gamification propriamente intesa, sebbene quest’ultimo sia meno “riassuntivo” dei precedenti e concentrato su alcuni casi notevoli (Nike +, Webkinz, Virtual Master Real).
Il testo di Viola, sebbene nel titolo si richiami esplicitamente alla gamification, intende il termine in maniera estensiva, ovvero come sinonimo di “industria e cultura videoludica”, più che come espansione del videogioco a paradigmi culturali, strati e situazioni sociali apparentemente esterni ad esso. Il libro è forse più utile ad un lettore completamente a digiuno degli studi in campo videoludico (e fors’anche del campo stesso, ovvero il videogioco), che a chi abbia una qualche frequentazione con gli stessi. Ci si trova di fronte, infatti, ad una sintesi didascalica della strutturazione attuale del mercato e delle sue radici nel recente passato. Ma anche chi ha già un’opinione formata e una frequentazione videoludica più solida, potrebbe trovare conferma, in dati e tabelle, di considerazioni piuttosto diffuse nel dibattito sui videogame.
Quello in cui il libro di Viola mostra qualche pecca è la cura editoriale. Il testo ha un’impostazione grafica piuttosto artigianale e disomogenea: spesso grafici/tabelle e testo cozzano per dimensioni, spazi vuoti e stili. Inoltre si nota, sovente, qualche refuso di troppo (considerato anche il prezzo per la versione fisica di 25 Euro, non basso in proporzione al numero di pagine, e di 15 Euro per quella digitale). Si tratta di esiti comprensibili, stante la scelta di pubblicazione “autarchica”, intrapresa dall’autore. Da un punto di vista contenutistico, invece, il testo può essere utile ai lettori che non si aspettino considerazioni “teoriche”, ma una sintesi, con una gran messe di dati, della condizione del mercato del gaming odierno. In questo senso un ipotetico lettore ideale per questo libro può essere la persona che lavora nell’industria videoludica che vuole avere sotto mano un compendio statistico o l’appassionato che vuole conoscere nel dettaglio dati e cifre, o ancora l’avventore casuale che volesse approcciarsi per la prima volta ad una sintesi dell’industria (e della cultura) videoludica.
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