Il secondo numero di G|A|M|E vuole esplorare le tecnologie 3D e le loro implicazioni nel mondo dei videogiochi. In questo contesto, il concetto di 3D è da intendersi sia nella sua più contemporanea accezione di stereoscopia, sia in quanto strumento di rappresentazione dominante nel settore dei videogiochi a partire dagli anni novanta. Il numero accoglie contributi dedicati all’analisi delle tecnologie grafiche e la loro influenza come strumenti rappresentazione.
La storia della stereoscopia e della rappresentazione stereoscopica è estremamente articolata e negli ultimi anni abbiamo assistito ad una progressivo sviluppo di strumenti e tecnologie stereoscopiche, dalla diffusione del cinema stereoscopico alla commercializzazione di schermi e proiettori 3D per la casa. Di conseguenza, il concetto di 3D, in relazione alla produzione, distribuzione e fruizione cinematografica, identifica in modo univoco il fenomeno della visione stereoscopica. Questo concetto diviene problematico invece quando applicato al medium videoludico. Infatti, se storicamente il concetto di 3D in relazione al videogioco richiama lo slittamento da una rappresentazione bidimensionale a ad una tridimensionale nei motori grafici, d’altra parte l’accezione cinematografica del termine –quella di visione stereoscopica– è stata accolta di recente anche nel settore videoludico per via della crescente presenza sul mercato di titoli 3D. In risposta al crescente fenomeno del 3D e alla problematicità tassonomica e concettuale che esso genera, G|A|M|E propone uno studio di questo fenomeno in entrambe le sue accezioni di grafica tridimensionale e visione stereoscopica.
La tridimensionalità è intesa dunque non esclusivamente come visione stereoscopica, ma come passaggio da una resa grafica bidimensionale ad una poligonale e quindi tridimensionale. Correlandosi a questa impostazione si vogliono indagare sia i luoghi storici dell’emergere della grafica poligonale nei videogiochi che le evoluzioni della stessa. Si propone un’analisi dello spazio del videogioco su due livelli, uno interno ed uno esterno al testo videoludico: su un piano esterno, la tridimensionalità in quanto “dispositivo”, cioè come struttura che richiede una particolare configurazione dei rapporti fra giocatore, interfaccia e macchina da gioco; sul livello interno al testo, la costruzione della profondità spaziale nel videogioco.
Seguendo una prima linea di indagine ci si chiede quali implicazioni possano avere le conformazioni dei media e delle stesse macchine da gioco sulla dimensione spaziale dei contenuti. Ci si interroga su quali differenze, ad esempio, sussistano, nella costruzione della profondità spaziale e nel rapporto fra fruitore e dispositivo della fruizione, fra la visione di un film con mezzi differenti, il giocare su un cabinato arcade, su tablet, su una macchina da gioco convenzionale come una console o un PC o nel farlo con un casco per la realtà virtuale.
Si vuole indagare, inoltre, quale possa essere la possibile genealogia delle rappresentazioni spaziali e della resa della profondità dei videogiochi contemporanei (dagli schermi del pre-cinema, al cinema, alle console odierne).
Si vorrebbero analizzare, inoltre, le motivazioni tecnologiche, estetiche, di gameplay che hanno determinato il passaggio dalla bidimensionalità alla tridimensionalità e alla grafica poligonale nel gaming tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila. Si vuole esplorare, in una prospettiva storica, il testo videoludico, dalle prime produzioni poligonali e quelle della seconda generazione (ad esempio l’innovazione apportata da titoli quali Battlezone nei primi anni ottanta, Shadow of the Beast, Hunter, Midwinter o Wing Commander sui sistemi a 16 bit, Wolfstein 3D su MS-DOS compatibile, Super Mario 64 o The Legend of Zelda: Ocarina of Time su Nintendo64, Tomb Raider su PlayStation), fino a concludere con le produzioni odierne in cui la presenza del poligono è mascherata dal dettaglio della costruzione grafica attorno ad esso.
Ci si chiede inoltre perché alcuni generi specifici (FPS, simulazioni di volo) siano stati legati in modo particolare ad una resa realistica della profondità spaziale attraverso poligoni e perché in altri generi (puzzle game, avventure grafiche) siano invece stati dominanti da un carattere astratto nella resa prospettica e della profondità. Più in generale, ci si chiede quali siano le strategie dei singoli generi rispetto alla resa poligonale o bidimensionale della profondità (in particolare per i generi dove l’adozione dell’una o dell’altra è determinante per la struttura di gioco, come negli RPG o nei picchiaduro) e quale sia in rapporto fra astrazione e realismo nella resa della profondità spaziale videoludica.
Da un secondo punto di vista ci si chiede, invece, quali siano le conseguenze estetiche e linguistiche dell’avvento del 3D stereoscopico nei videogiochi. Si vogliono analizzare, ad esempio, le ragioni estetiche, di resa del gameplay, di opportunità economica, che hanno portato alla costruzione di tecnologie (hardware e software) dedicate alla stereoscopia e allo sviluppo di macchine specificamente indirizzate al gioco in 3D, come il Nintendo 3DS. Si vuole operare una critica dei contenuti e delle forme di giochi che accolgono la stereoscopia fra le sue possibili caratteristiche, verificandone eventuali vantaggi o svantaggi.
In una prospettiva che vuole indagare i rapporti fra differenti arti e media ci si chiede, inoltre, quali siano i legami dei prodotti videoludici 3D con la nuova produzione stereoscopica nel cinema. Ci interroghiamo quindi sui rapporti fra l’evoluzione della resa spaziale e della profondità nell’arte, nel cinema e nel videogioco. Infine ci si chiede se esistano aspetti “ludici” nella costruzione della profondità spaziale in prodotti mediali, commerciali e artistici. Esiste all’interno di opere non videoludiche qualcosa di “giocabile”, frutto di una “ludicizzazione” della profondità spaziale, in particolare di quella stereoscopica?
Invitiamo studiosi, ricercatori e professionisti a dare il loro contributo inviando un abstract di 500 parole entro il 9 novembre 2012 sullo sviluppo della prospettiva tridimensionale e sull’impatto che queste tecnologie hanno avuto sulle dinamiche di produzione, distribuzione e fruizione, a livello artistico, espressivo e commerciale. Accogliamo inoltre studi storiografici e di retro-gaming, sull’evoluzione degli hardware e sulle conseguenze espressive che questa ha avuto nella produzione videoludica. Infine, proponiamo una riflessione sul ruolo “giocato” dalle istanze 3D nello stabilire e rinforzare i rapporti tra il videogioco e il panorama mediatico contemporaneo.
Argomenti chiave:
- La funzione del 3D stereoscopico nel modellare la prospettiva e la sensazione di profondità che a loro volta influenzano la fruizione e l’immersione in un ambiente virtuale.
- Strumenti e piattaforme di gioco stereoscopico (tra i numerosi esempi possibili: dispositivi portatili dal Nintendo Virtual Boy al Nintendo 3DS; dagli smartphone come il LG Optimus 3D fino ai prototipi di Google Glasses; il 3D gaming su PC e l’evoluzione dei VR-headset).
- La tecnologia 3D e le sue specificità nel videogioco. In che modo la visione stereoscopica influenza il gameplay?
- La costruzione della profondità spaziale nei primi videogiochi e in quelli odierni.
- Il passaggio dalla profondità nella grafica bidimensionale a quella tridimensionale.
- Da Leon Battista Alberti a Need for Speed: lo spazio prospettico dalle arti ai videogiochi.
- La superficie di fruizione ludica bidimensionale e quella tridimensionale (dallo schermo cinematografico alla realtà virtuale).
- Generi e resa della profondità spaziale.
- Rapporti fra stereoscopia nei videogiochi e negli altri media.
- Analisi dei giochi 3D: opportunità, vantaggi e svantaggi.
- Esiste una correlazione fra la rappresentazione formale della profondità nei videogiochi e la loro struttura narrativa? In che modo la profondità spaziale incide sulla narrazione?
- Quali sono, nel videogioco, le relazioni fra la costruzione della realtà attraverso una resa della profondità realistica ed una astratta?
- Esistono legami fra i videoclip, le opere di videoarte e la resa della profondità nel videogioco?
- La profondità spaziale nei videogiochi non 3D: analisi formale e casi di studio.
- Quali sono le differenze tra titoli originali e remake stereoscopici (Super Mario 3D Land, Zelda: Ocarina of Time)? Quali invece gli effetti spaziali di remake in cui la resa della profondità spaziale rimane la medesima rispetto a quella dei titoli originali (es. Final Fight)? È possibile riscontrare dei cambiamenti nella risposta del giocatore?
- La diffusione e distribuzione del 3D – quali sono i problemi nella ricezione di questa nuova tecnologia e quali le ragioni che determinano la sua difficoltà ad affermarsi nel mercato?
- Sviluppare per il 3D. Quali sono le affordance del gaming stereoscopico su console? In che modo vengono influenzati il game design e la programmazione?
- Storiografia del 3D. In che modo lo slittamento dai raster ai vettori poligonali ha influenzato il medium videoludico?
- Motori 3D. Che tipo di artefatto è un motore 3D e come possiamo analizzarlo?
- 3D come vettore commerciale. In che modo l’industria videoludica ha usato il 3D come oggetto e strumento di marketing?
- Il ruolo della grafica tridimensionale nel rinforzare le relazioni tra videogioco e cinema – l’avvento del videogame cinematografico.
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